\\ Home Page : Articolo : Stampa
Dai piccioni alle email..
Di MaPi (del 14/03/2010 @ 09:23:33, in Racconti, linkato 1567 volte)

DAI PICCIONI ALLE EMAIL

Ora, finalmente posso spedirla! Mi connetto velocemente ad internet, ma un inaspettata scritta “non in linea” spegne il mio entusiasmo. Come non in linea? Ma se è tutto acceso. Do una sbirciatina al modem: le lucette sono verdi “in linea”, ma il computer insiste con la scritta “non in linea”. E ora che faccio? Questo documento è urgente devo spedirlo adesso, subito! Cerco di mantenere la calma. Ci riprovo, incrocio le dita, chiudo gli occhi…ma quando dopo pochi secondi li riapro nulla è cambiato, c’è sempre la solita fastidiosa scritta. Guardo preoccupata l’orologio a parete: sono già le 23,30 e questo benedetto documento deve arrivare entro le 9 di domani mattina.

Potrei portarlo io di persona, se non fosse che l’ufficio è dall’altre parte del mare, a Roma. Caro nonno se ci fossi tu con i tuoi magici piccioni viaggiatori, avremmo già risolto il problema. Con nostalgia ripenso a lui, al mio nonno solare, pacifico sempre sorridente. Viveva a Gonnostramatza, in su xiadeddu, in una vecchia casa, l’ultima, quasi fuori dal paese tutt’intorno solo campagna. In quella verdissima e profumata campagna aveva lavorato a lungo. Si era guadagnato da vivere pascolando animali a volte suoi ma il più delle volte di altri. Indossava sempre giacca e pantaloni grigi e un impeccabile camicia bianca. Si trattava di vecchi abiti consunti e stinti, ma mai sgualciti e sempre odorosi di sapone di marsiglia.

Lo ricordo seduto nei gradini della vecchia casa, sulla mano destra stringeva sa mazzocca, il tradizionale bastone di legno, compagno inseparabile di lunghe camminate. Nel taschino sinistro della giacca teneva nascosto gelosamente un vecchio orologio. Ogni volta che lo apriva per guardarne l’orario, richiudendolo lo accarezzava dolcemente, diceva che se era ancora a questo mondo lo doveva proprio al suo “amico orologio”. Fu costretto a partire per la guerra del 15\18. La chiamata arrivò il giorno del suo matrimonio.

Due uomini di legge si presentarono nella piccola chiesa di Sant’Antonio e fortunatamente gli concedettero di stare ancora un giorno con la giovane moglie. Venne destinato a Sassari e il suo compito fu quello di addestrare piccioni viaggiatori. Lo fece con passione per tanto tempo, ma un giorno discusse animatamente con un suo superiore (non raccontò mai il perché del litigio) e finì al confine austriaco, dove venne ferito gravemente ad una caviglia e sul petto, ma proprio grazie all’orologio si salvò, il proiettile rimbalzò ammaccando lo sportellino in acciaio. Ripenso sempre a quella volta che mio nonno mi chiese di comprargli una busta, un foglio e un francobollo per scrivere una importante lettera.

Certo mai e poi mai avrebbe immaginato che ora le lettere si spediscono senza francobollo e se il computer è “in linea” giungono a destinazione in pochi secondi. Forse faceva bene nonno a scrivere le lettere a mano. Se lo avessi fatto anch’io 10 giorni fa ora non starei qui a disperarmi. Cerco di rilassarmi davanti a una calda tisana e rileggo sul monitor la lettera che mio malgrado non riesco ad inviare…

Al Presidente della Repubblica Italiana
Palazzo del Quirinale
00187 ROMA

Onorevole Presidente,
chi le scrive è un vecchio tramatzese chiamato tanti anni fa a svolgere il suo dovere di cittadino Italiano, partire per la guerra. Sono stato un onesto lavoratore, ho sposato una donna colta e onesta e l’ho sposata a Gonnostramatza, il giorno in cui ricevetti la chiamata alla guerra. E’ stato il giorno più bello della mia vita per due motivi: ho sposato la donna che amavo e ho potuto consumare un abbondante pranzo in allegra compagnia di tutto il paese. Sposando la mia Antonietta ho sempre pensato al nostro futuro con un dignitoso lavoro e con tanti figli che il Buon Dio avrebbe voluto donarci. Non posseggo molto solo qualche appezzamento di terreno e qualche animale che mi hanno permesso di campare dignitosamente.

Partire e andare a fare la guerra, sparare al nemico per salvare la propria vita e difendere la nostra amata Patria è un atto doveroso che ogni cittadino italiano deve compiere sempre e comunque. Però lei mi permetterà un importante riflessione: anche il nemico spara per salvare se stesso e penso quindi che il nemico altro non è che un fratello che ha il nome della Patria diversa dal mio. Ho visto morire i miei compagni e tanti nemici, e ogni volta è stato un dolore immenso che ancora oggi rivivo.

Il buon Dio ha voluto tenermi in vita ma questo non è bastato a salvare la vita di mio figlio Salvatore, morto tragicamente a Cagliari durante un bombardamento nella guerra di liberazione. Il dolore che portavo dentro è diventato mille volte più forte. E’ un macigno che lacera la mia anima ogni giorno, ogni ora, ogni minuto della mia vita. Signor Presidente Voi potete immaginare il dolore che provo, ma mai potrete comprendere appieno la lacerazione della mia amata Antonietta, il dolore di una mamma che perde il suo amato figlio a soli 20 anni.

Da quel girono non ha più regalato un sorriso, ha fatto il suo dovere di moglie e madre, ma a casa nostra non si sono più festeggiati natali e pasque e purtroppo abbiamo anche negato la gioia dei compleanni agli altri figli. La mia amata Antonietta dopo poco tempo mi ha lasciato solo, è morta di dolore, il suo cuore si è spento giorno dopo giorno. Signor Presidente fiumi di parole sono state dette e scritte, su questa odiosa e terrificante parola “guerra” e molte altre se ne diranno e scriveranno e mille immagini abbiamo visto, e vedremo ancora. La guerra genera dolore e vittime civili, sempre.

La guerra è il fuoco dell’inferno sulla terra. Guerra ma perché! La prego Signor Presidente diffonda questo messaggio, faccia riempire di cartelli tutti i muri del nostro paese, lo faccia scrivere in ogni angolo affinché nessuno debba più soffrire come me, come la mia famiglia, come tante altre famiglie. Mi rimane così poco da vivere. Dovrei essere contento perché lassù rincontrerò i miei amati Antonietta e Salvatore, ma il dolore di tante guerre che ancora si fanno nel mondo non rendono i miei ultimi giorni sereni e felici. Penso ai miei nipoti e sogno per loro un mondo migliore, più umano e insegno loro a credere nella pace e lottare per la sua realizzazione, tenendo aperto e ben vigile un occhio e chiudendo l'altro per sognare. Non mi deluda.
Con Osservanza

Firma

Caro nonno ora riaccendo il computer e sono sicura che finalmente sarà “in linea”. Vedrai fra pochi minuti puntualmente come da 30 anni la tua lettera arriverà nel solito ufficio, a Roma, e il Presidente della Repubblica si deciderà finalmente a rispondere (o io non smetterò mai di spedirgliela).


Dedicata a tutti i Tramatzesi e non, Cavalieri di Vittorio Veneto.

MaPi