Gianluca Floris è nato a Cagliari nel 1964, città in cui vive quando la sua attività di cantante lirico non lo porta in giro per il mondo. E' sposato con Stefania Medda, tramatzese DOC, ed ogni tanto viene a trovarci qui a Gonnostramatza.
Nel 2000 esce, con le Edizioni il Maestrale, il suo primo libro, "
I Maestri cantori", una spy story utilizzata come pretesto per raccontare il mondo della lirica con le sue meschinerie e le sue debolezze.
Nel gennaio 2006 per la CUEC pubblica "Il lato destro" un romanzo dal ritmo incalzante, che alterna la ricostruzione dell'agguato di via Fani, il rapimento di Aldo Moro, con la vicenda di un killer professionista, addestrato per uccidere e dei suoi torbidi rapporti con le Brigate Rosse.
Nel settembre 2006 è uscito con Colorado Noir il romanzo dal titolo "La Preda", un noir forte che racconta una Sardegna lontana anni luce dai luoghi VIP e ancora fortemente chiusa rispetto al mondo esterno. Un ambiente a sè stante, con codici e principi peculiari, con logiche che sfuggono alla normale comprensione. Un mondo sorprendente che non lascia indifferenti.
In libreria dal 24 febbraio 2009, L'Inferno Peggiore edito da Piemme, rappresenta l'ultimo romanzo noir di Gianluca Floris. Con una narrazione in prima persona coinvolgente e insolita, che cattura il lettore dalla prima all'ultima pagina ed un'ambientazione, la Sardegna, travolgente e suggestiva, l'autore si propone con un noir avvincente e ben architettato.
A Cagliari, nell'antica villa di un noto mercante d'arte vengono ritrovati due cadaveri seduti compostamente di fronte a un quadro. Sono il padrone di casa e il suo autista, forse morti per avvelenamento. Le indagini vengono affidate al giudice Maniero che, per risolvere il caso, sarà costretto ad addentrarsi nel morboso rapporto che lega le due vittime al dipinto.
Buon giorno Gianluca, bentornato a Gonnostramatza. Per rompere il ghiaccio, partiamo subito con una domanda "esistenziale" per uno scrittore. Perchè oggi si scrivono romanzi?
Per diletto, per lanciare messaggi o per dare uno svago alternativo?
Buongiorno a voi. Credo che la risposta più giusta a questa prima, impegnativa domanda, sia che si scrivono romanzi perchè non se ne può fare a meno. O perlomeno questa è la risposta che posso dare io. A me è sempre piaciuta la parola, la narrazione orale e scritta. Sono un grande ascoltatore fin dalla più tenera età e un inventore di storie, che da piccoli si chiamano bugie, sin da quando ho imparato a parlare. Io racconto storie perchè mi piace ascoltarle dagli altri. Io scrivo romanzi perchè mi piace raccontare vite altrui e mi piace raccontarle a molte persone che non conosco. Scrivo romanzi perchè è mio sublime diletto inventare vite altrui, trame di vite mai esistite. E' creazione pura, massima libertà. Lanciare messaggi non è il mio intento mentre scrivo o quando invento una storia, ma mi rendo conto che fatalmente all'interno di un romanzo un autore inserisce dei segnali anche in maniera inconsapevole. Un autore non può fare a meno di inserire nei suoi lavori la sua visione del mondo, le sue convinzioni e le esperienze della sua vita, quindi forzatamente si lanciano dei messaggi. Anche la stessa motivazione prima, la prima ispirazione per la storia, scaturisce da un interesse, da un'indignazione, dal desiderio di svelare una verità che implicitamente è essa stessa messaggio lanciato. Non è invece certamente mio intento dare uno svago ad altre persone. Non scrivo per quello. Io scrivo per raccontare il mondo come lo vedo e come lo capisco, scrivo perchè mi piace raccontare attorno al fuoco alla sera, mi piace ascoltare la storia di un' avventura, di un grande amore. Da lettore, così come da scrittore, si possono vivere altre vite senza bisogno di stravolgere la propria. Ma nello scrivere mi piace avere la più ampia libertà: non potrei mai scrivere per cercare di procurare diletto ad altrui. Non mi sentirei libero. Scrivo con la massima libertà quello che sento di dover scrivere.
Come ti sei avvicinato alla scrittura e quali sono state le tue letture fondamentali, quelle che poi ti hanno spinto a scrivere in prima persona?
Da quando ho imparato a scrivere, mi sono sempre sentito attratto da quella modalità di comunicazione che è la narrazione. Mi era congeniale in maniera spontanea e quindi è sempre stato naturale coltivare capacità tecnica narrativa o competenza da lettore via via più esigente. Dire delle letture fondamentali mi porta indietro fino alla scuola elementare. Ricordo dei libri di divulgazione scientifica rilegati con il dorso a spirale che mi avevano molto incuriosito: uno sulla esplorazione spaziale ed un altro sulla vita degli animali. Ma poi ricordo i romanzi di Salgari (il Corsaro nero) e Il Libro della Giungla di Kipling. Già in quinta elementare era abbastanza chiaro che mi sarebbe piaciuto scrivere. Ma per comprendere quali sono stati i libri che mi hanno spinto a scrivere in prima persona devo fare uno sforzo di analisi più attenta in me. Direi che in primo luogo Il Signore degli Anelli di Tolkien mi marchiò in maniera indelebile, ma anche la trilogia della fondazione di Asimov mi ha procurato un turbamento fondamentale. Di quei libri mi è rimasta la fascinazione per la costruzione della storia, per l'abilità nel costruire l'intreccio che è ancora oggi uno dei momenti della scrittura di un romanzo che più mi affascina e diverte. Direi che le due saghe di Tolkien e di Asimov sono state più di tutte le letture che mi "hanno spinto a scrivere", anche se altre importanti fascinazioni le ho avute per Stephen King, Le Carré, Calvino, Eco, Simenon, Kundera, Buzzati, Berto, Francesco Masala, e tanti altri.
Cosa puoi raccontarci brevemente di te? chi sei come persona e come scrittore?
Brevemente è difficile. Sono curioso, mi divora una curiosità di tutto quello che mi circonda. Mi piace chiedere per imparare tutto di tanti argomenti differenti. Sono la persona più curiosa che io conosca. Questo mio tratto della personalità aiuta molto la mia attività di scrittore perchè quando devo descrivere un ambiente di lavoro, una personalità, mi trovo ad avere già molto materiale informativo. Quarantatre anni di curiosità mi hanno permesso di avere nell'archivio della mia memoria dei grossi faldoni da consultare per qualsiasi necessità. Forse brevemente come persona e come scrittore posso dire di essere un curioso, un impiccione, un ficcanaso.
Lo scrittore Vincenzo Consolo ha detto "Io, quando scrivo, penso a un lettore che mi somigli, che sia simile a me, che abbia lo stesso tipo di conoscenza", tu Gianluca per chi pensi la tua narrativa possa essere particolarmente interessante? Hai in mente un lettore tipo?
Certo che ho in mente un lettore tipo, e quel lettore sono io. Credo che Consolo abbia detto una grande verità. Quando scrivo e rileggo le mie pagine, correggo e limo o aggiungo in base al gusto mio. In base a quello che mi farebbe piacere come lettore. E' chiaro che scrivo per uno scrittore del mio tipo. Poi, però, la scrittura ha anche una importante fase che è quella dell'editing che non è fatto solo di correzione degli errori di battitura, ma soprattutto di uniformità di stile, di fluidità del testo e di congruità espressiva e narrativa. In questa fase è indispensabile far leggere il proprio scritto ad altre persone, a lettori diversi da te, e questo per rendere il tuo scritto adatto per essere letto da più persone possibile. Ma in assoluto è vero che quando scrivo penso ad un lettore del mio tipo.
Daniel Pennac qualche anno fa aveva lanciato una provocazione "La lettura è un atto di libertà che non può essere obbligatorio" e aveva provato (con il libro "Come un romanzo") ad enunciare i dieci diritti fondamentali del lettore, primo fra tutti, sorprendentemente "il diritto di non leggere". Secondo te la lettura non deve essere un dovere, ma un piacere? ...e come si può fare per renderla piacevole?
Piacere e dovere sono termini per me quasi sempre antitetici. Se è spesso possibile trarre piacere dall'assolvimento di un dovere, ritengo personalmente impossibile e assurdo, oltreché una forma di violenza, far diventare il piacere un dovere. Quindi è ovvio che io dica che la lettura, ove non sia legata allo svolgimento di una specifica professione, non debba mai essere un dovere e non trovo nulla di male che una persona affermi che non legge libri. Leggere non è un valore assoluto: conosco delle ottime persone che stimo sinceramente e che non hanno mai letto nulla, e conosco viceversa degli esecrabili individui che sono lettori compulsivi e seriali. Parlo chiaramente di persone adulte, perchè per i ragazzi è diverso. La lettura fa parte della formazione umanistica di ogni individuo scolarizzato, anche se oggi è insegnata male a scuola. Rendere piacevole la lettura è semplice: leggete solo i libri che vi incuriosiscono e non sentitevi obbligati a terminare un libro. Tornando al discorso fra piacere e dovere, non c'è niente di più inutile che sforzarsi di terminare un libro che non ci interessa. Leggete solo le cose che vi interessano e che vi incuriosiscono. Questo credo sia un buon modo per rendere piacevole la lettura. La vita è troppo breve per perdere tempo a leggere cose che non ci intrigano nel profondo.
La lettura è un atto d'evasione?
Si, sempre. Anche quando si legge un libro di denuncia politica e sociale si tratta sempre di evasione. Perchè la vera vita, la vera indignazione andrebbe sfogata nel vivere civile, nella cabina elettorale, nelle piazze, nell'associazionismo. Leggere, andare al cinema, guardare la televisione non può essere considerata altro che evasione. Certo, può essere un'evasione intelligente, che nutre il nostro animo di cittadini consapevoli, ma la vita è un'altra cosa. Leggere è un atto di evasione e come tale un atto di grande, personale, indispensabile libertà.
Scegliere i libri non sempre è facilissimo, la critica può essere d'aiuto?
La critica oggi non esiste e forse non ha più senso. A parte quei pochi personaggi che sostengono di essere critici letterari e che anelano qualsiasi marchetta editoriale pur di mettersi in luce, oggi siamo nella civiltà dell'open source e i critici non esistono più. Non esistono più perchè un tempo il dibattito letterario era animato dagli stessi autori e artisti, mentre oggi è sorta una razza di orfani del potere di veto che vorrebbero additare al pubblico la rotta da seguire e che non sono scrittori né poeti. Il critico oggi te lo porti dalla tua parte con un'ospitata e una cena, non credo sia gente che serva ad alcunchè. Oggi chiunque può avere un pubblico scrivendo dovunque e a poco prezzo e l'offerta dei libri è diventata vastissima, e io non protesto per questo fatto come fanno i pseudo -critici odierni, anzi, per me è un arricchimento della società. I pseudo critici di oggi invece sono imbufaliti perchè nessuno li ascolta, e nessuno lo fa perchè sono gente fuori dalla realtà: sono contro i telefonini, contro internet, contro tutto quello che oggi sta sconvolgendo il mondo della comunicazione. Sono persone non artisti e quindi non hanno gli strumenti per leggere la realtà nella quale sono immersi. Ascoltare i consigli dei critici vuol dire solo leggere i libri delle case editrici che pagano loro camere d'albergo e cene in pizzeria, o non leggere mai i libri di chi non lo fa. Ma torniamo alla domanda. Secondo me una buona maniera di scoprire i libri è quella di scambiarsi delle impressioni sulle cose che si è letto. E' un metodo che arricchisce l'atto della lettura di una valenza socializzante. Un altro metodo che io seguo è quello di tenermi informato sulle uscite editoriali leggendo le interviste con gli autori e le schede di presentazione delle nuove uscite sulle riviste culturali. Credo, senza piaggeria, che il ruolo svolto dalle associazioni e dai circoli dei lettori sia basilare per il diffondere informazione culturale attraverso il dibattito. Mi capita di scoprire ottimi libri nei blog di lettori.
Ritieni giusto lasciare un libro a metà?
Fondamentale. Io non ho tempo da perdere, devo riempire la mia vita di cose interessanti. Se a metà il libro ancora non mi ha incuriosito, passo ad altro. Ho tanti libri da leggere sul comodino...
Per concludere, lo scrittore Gianluca Floris riesce ancora a meravigliarsi, ad
emozionarsi quando legge ?
Certo, credo che sia una capacità che fa parte del mio essere profondo. L'ultima scoperta è stata IMPERIUM di Ryszard Kapuscinsky. Meraviglioso ed emozionante.
Lo scrittore lettore Gianluca Floris che libri consiglia agli amici tramatzesi ?
Consiglio "L'occhio di Giada", l'ultimo romanzo di Diane Wei Liang, editore Sperling & Kupfer: una scrittrice cinese che vive in occidente a Londra e che con questo romanzo descrive dal di dentro la Cina dei nostri giorni e gli incubi del recente passato, le macerie umane lasciate dalla rivoluzione Culturale e da tutto quel periodo di violenza e delazione. So che a molti l'oriente non affascina, ma credo che sia da lì che tirerà il vento in questo secolo e quindi acquisire conoscenze su questo pianeta altro, rispetto al nostro ormai asfittico occidente, sarà sempre più importante. Wei Liang scrive bene e ancor meglio riesce a descrivere dall'interno, con pennellate minime, le mutazioni della Cina Popolare odierna. Speciale la descrizione "umanista" della nuova categoria degli inurbati nella grande città che provengono dalle province più sperdute ed arretrate. La storia è avvincente e le figure che si alternano in primo piano sono riuscite e drammaticamente simboliche.
Grazie Gianluca, mi raccomando quando puoi passa a trovarci.
Grazie a voi, non mancherò, Gonnostramatza è un bel paese accogliente, rilassante e si mangia e si beve da Dio, a presto.
Miss Fantasy