Di MisterBlog (del 10/10/2009 @ 11:18:20, in Eventi, linkato 1365 volte)
Cari lettori, in questi giorni di inizio Ottobre, per le vie del paese si respira un'aria particolare...un andirivieni di motocarri, macchine, trattori per le campagne e verso le case ci indica che tutti sono impegnati nella vendemmia o "Sa Binnenna" termine sardo per indicare non solo la raccolta dell'uva ma anche la vinificazione. Ad onor del vero c'è più di una persona che ha dovuto provvedere al taglio dell'uva alcune settimane fà per la vendita alle cantine sociali della zona. Coloro che invece producono il vino di proprietà, aspettano sino alla fine di Settembre - inizio Ottobre. Sarà pure una banalità ma sul discorso che riguarda il periodo di raccolta dell'uva, il paese si divide in due scuole di pensiero: coloro che decidono di dare inizio alla vendemmia alcuni giorni prima della Festa di San Michele Arc. (Patrono 28 Settembre) ed altri che invece aspettano che questa termini. Sarei curioso di sapere da Voi quale delle due seguite....magari avete qualche bel aneddoto da raccontarci... Aspettiamo impazienti e fiduciosi anche quest'anno la data di assaggio del vino, per la festa di San Martino dell'11 Novembre.. che come recita il detto "“po santu Martì stuppa e bì “ (per san Martino stappa e bevi)...
Se avete delle foto che testimoniano la vostra vendemmia e avete piacere di vederle pubblicate sul blog, contattateci alla nostra email: info@sutramatzesu.it
Di Maucheddu (del 21/10/2009 @ 09:31:40, in Cucina, linkato 18726 volte)
Unu tramatzesu in cucina tutti i giorni...
Cari lettori.. è oramai diverso tempo che non Vi scrivo, così visto che in questi giorni ho deciso di cucinare per alcuni amici un piatto semplice e veloce a base di pesce, Vi propongo la ricetta dell' Orata al cartoccio con contorno di patate...
Orata al cartoccio con contorno di patate
Portata: Secondo. Ricetta per persone: 4-5 Tempo di cottura: 30-40 minuti circa.
Ingredienti:
* 4 Orate * 600 gr. patate. * 2 pomodori secchi * 1 spicchio di aglio. * prezzemolo, sale, olio e pepe.
Preparazione:
Squamate l'orata, estraete le interiora praticando un piccolo taglio sul ventre, togliete le branchie, lavate il pesce e asciugatelo bene.
Sbucciare quindi le patate, tagliarle a fette non troppo grosse, metterle in acqua.
Preparate un trito di aglio, prezzemolo, pomodori secchi, olio e pepe ( quest'ultimo a piacere..). Una volta pronto, inserite un pò di questo trito nel ventre di ciascuna orata e ricordate di lasciarne un pò per la parte finale.
Preparate una teglia che coprirete con un foglio di carta forno lungo più del doppio della teglia, in modo da poterlo poi piegare a metà per ricoprire il tutto.
Distribuite nel fondo un pò di olio e quindi le patate aggiungendo anche un pò di sale. A questo punto, adagiate l'orata nella teglia e finite di distribuire il trito rimasto sopra di esse e sopra le patate.
Dopo aver aggiunto i condimenti , si prendono i lati della carta forno e li si ripiega sull' alimento fino a far combaciare i bordi. Accendere dunque il forno ed attendere che la temperatura all'interno raggiunga i 180-200°. Porre il cartoccio all' interno del forno e mantenerlo per una durata pari a 30-40 minuti. Una volta pronto, posizionate il cartoccio su un piatto e tagliate l'involucro sul lato superiore con un paio di forbici. Servite a tavola e naturalmente, come sempre....
E’ un caldo lunedì pomeriggio di fine ottobre. Nei bar tramatzesi, davanti ad una fresca birra, si discute animatamente di politica (Berlusconi, Mastella e Marrazzo sono i più gettonati argomenti e mai come oggi viene rispettata la par condicio !!!), ma soprattutto si discute di calcio fra sfottò e arrabbiature più o meno serie tra juventini, interisti e milanisti. Io mi godo silenzioso la bella e sofferta vittoria del mio Casteddu.
Poi ne approfitto del tanto blaterare per sfogliare sul bancone uno stropicciato Unione Sarda e sbirciare i risultati e le classifiche dei campionati calcistici minori. Leggo della bella vittoria fuori casa del Siddi, della brutta sconfitta casalinga del Collinas e dell’ennesima sconfitta del povero Mogoro… e penso… ma a Gonnostramatza l’abbiamo ancora la squadra di calcio? Da quanti anni oramai non seguiamo più i nostri ragazzi in giro per i campi di tutta la Sardegna? E a proposito di campi avete visto in che condizioni si trova il nostro mitico “stadio tramatzese”? (e se non fosse stato per i bambini e ragazzi delle scuole elementari e medie, che aderendo ad un progetto di Lega Ambiente hanno provveduto a "ripulire" un po' dalle cartacce, buste, lattine…, ma come potete vedere dalle foto è rimasto dell'altro e ben più visibile… Ma lo scorso inverno non si era parlato di rifondare la società sportiva con l’aiuto dei vecchi dirigenti, dell’Amministrazione Comunale e di tutti i tifosi e sportivi di Gonnostramatza? Che peccato perché lo sport e, soprattutto il calcio, è risaputo, sono uno dei rimedi più significativi ai “guasti” della nostra società e spesso sono una palestra di educazione civica, legalità, impegno e crescita sociale.
Di Miss Fantasy (del 02/11/2009 @ 11:10:21, in Libri, linkato 2741 volte)
Gianluca Floris è nato a Cagliari nel 1964, città in cui vive quando la sua attività di cantante lirico non lo porta in giro per il mondo. E' sposato con Stefania Medda, tramatzese DOC, ed ogni tanto viene a trovarci qui a Gonnostramatza. Nel 2000 esce, con le Edizioni il Maestrale, il suo primo libro, "I Maestri cantori", una spy story utilizzata come pretesto per raccontare il mondo della lirica con le sue meschinerie e le sue debolezze.
Nel gennaio 2006 per la CUEC pubblica "Il lato destro" un romanzo dal ritmo incalzante, che alterna la ricostruzione dell'agguato di via Fani, il rapimento di Aldo Moro, con la vicenda di un killer professionista, addestrato per uccidere e dei suoi torbidi rapporti con le Brigate Rosse.
Nel settembre 2006 è uscito con Colorado Noir il romanzo dal titolo "La Preda", un noir forte che racconta una Sardegna lontana anni luce dai luoghi VIP e ancora fortemente chiusa rispetto al mondo esterno. Un ambiente a sè stante, con codici e principi peculiari, con logiche che sfuggono alla normale comprensione. Un mondo sorprendente che non lascia indifferenti.
In libreria dal 24 febbraio 2009, L'Inferno Peggiore edito da Piemme, rappresenta l'ultimo romanzo noir di Gianluca Floris. Con una narrazione in prima persona coinvolgente e insolita, che cattura il lettore dalla prima all'ultima pagina ed un'ambientazione, la Sardegna, travolgente e suggestiva, l'autore si propone con un noir avvincente e ben architettato.
A Cagliari, nell'antica villa di un noto mercante d'arte vengono ritrovati due cadaveri seduti compostamente di fronte a un quadro. Sono il padrone di casa e il suo autista, forse morti per avvelenamento. Le indagini vengono affidate al giudice Maniero che, per risolvere il caso, sarà costretto ad addentrarsi nel morboso rapporto che lega le due vittime al dipinto.
Buon giorno Gianluca, bentornato a Gonnostramatza. Per rompere il ghiaccio, partiamo subito con una domanda "esistenziale" per uno scrittore. Perchè oggi si scrivono romanzi?
Per diletto, per lanciare messaggi o per dare uno svago alternativo? Buongiorno a voi. Credo che la risposta più giusta a questa prima, impegnativa domanda, sia che si scrivono romanzi perchè non se ne può fare a meno. O perlomeno questa è la risposta che posso dare io. A me è sempre piaciuta la parola, la narrazione orale e scritta. Sono un grande ascoltatore fin dalla più tenera età e un inventore di storie, che da piccoli si chiamano bugie, sin da quando ho imparato a parlare. Io racconto storie perchè mi piace ascoltarle dagli altri. Io scrivo romanzi perchè mi piace raccontare vite altrui e mi piace raccontarle a molte persone che non conosco. Scrivo romanzi perchè è mio sublime diletto inventare vite altrui, trame di vite mai esistite. E' creazione pura, massima libertà. Lanciare messaggi non è il mio intento mentre scrivo o quando invento una storia, ma mi rendo conto che fatalmente all'interno di un romanzo un autore inserisce dei segnali anche in maniera inconsapevole. Un autore non può fare a meno di inserire nei suoi lavori la sua visione del mondo, le sue convinzioni e le esperienze della sua vita, quindi forzatamente si lanciano dei messaggi. Anche la stessa motivazione prima, la prima ispirazione per la storia, scaturisce da un interesse, da un'indignazione, dal desiderio di svelare una verità che implicitamente è essa stessa messaggio lanciato. Non è invece certamente mio intento dare uno svago ad altre persone. Non scrivo per quello. Io scrivo per raccontare il mondo come lo vedo e come lo capisco, scrivo perchè mi piace raccontare attorno al fuoco alla sera, mi piace ascoltare la storia di un' avventura, di un grande amore. Da lettore, così come da scrittore, si possono vivere altre vite senza bisogno di stravolgere la propria. Ma nello scrivere mi piace avere la più ampia libertà: non potrei mai scrivere per cercare di procurare diletto ad altrui. Non mi sentirei libero. Scrivo con la massima libertà quello che sento di dover scrivere.
Come ti sei avvicinato alla scrittura e quali sono state le tue letture fondamentali, quelle che poi ti hanno spinto a scrivere in prima persona? Da quando ho imparato a scrivere, mi sono sempre sentito attratto da quella modalità di comunicazione che è la narrazione. Mi era congeniale in maniera spontanea e quindi è sempre stato naturale coltivare capacità tecnica narrativa o competenza da lettore via via più esigente. Dire delle letture fondamentali mi porta indietro fino alla scuola elementare. Ricordo dei libri di divulgazione scientifica rilegati con il dorso a spirale che mi avevano molto incuriosito: uno sulla esplorazione spaziale ed un altro sulla vita degli animali. Ma poi ricordo i romanzi di Salgari (il Corsaro nero) e Il Libro della Giungla di Kipling. Già in quinta elementare era abbastanza chiaro che mi sarebbe piaciuto scrivere. Ma per comprendere quali sono stati i libri che mi hanno spinto a scrivere in prima persona devo fare uno sforzo di analisi più attenta in me. Direi che in primo luogo Il Signore degli Anelli di Tolkien mi marchiò in maniera indelebile, ma anche la trilogia della fondazione di Asimov mi ha procurato un turbamento fondamentale. Di quei libri mi è rimasta la fascinazione per la costruzione della storia, per l'abilità nel costruire l'intreccio che è ancora oggi uno dei momenti della scrittura di un romanzo che più mi affascina e diverte. Direi che le due saghe di Tolkien e di Asimov sono state più di tutte le letture che mi "hanno spinto a scrivere", anche se altre importanti fascinazioni le ho avute per Stephen King, Le Carré, Calvino, Eco, Simenon, Kundera, Buzzati, Berto, Francesco Masala, e tanti altri.
Cosa puoi raccontarci brevemente di te? chi sei come persona e come scrittore? Brevemente è difficile. Sono curioso, mi divora una curiosità di tutto quello che mi circonda. Mi piace chiedere per imparare tutto di tanti argomenti differenti. Sono la persona più curiosa che io conosca. Questo mio tratto della personalità aiuta molto la mia attività di scrittore perchè quando devo descrivere un ambiente di lavoro, una personalità, mi trovo ad avere già molto materiale informativo. Quarantatre anni di curiosità mi hanno permesso di avere nell'archivio della mia memoria dei grossi faldoni da consultare per qualsiasi necessità. Forse brevemente come persona e come scrittore posso dire di essere un curioso, un impiccione, un ficcanaso.
Lo scrittore Vincenzo Consolo ha detto "Io, quando scrivo, penso a un lettore che mi somigli, che sia simile a me, che abbia lo stesso tipo di conoscenza", tu Gianluca per chi pensi la tua narrativa possa essere particolarmente interessante? Hai in mente un lettore tipo? Certo che ho in mente un lettore tipo, e quel lettore sono io. Credo che Consolo abbia detto una grande verità. Quando scrivo e rileggo le mie pagine, correggo e limo o aggiungo in base al gusto mio. In base a quello che mi farebbe piacere come lettore. E' chiaro che scrivo per uno scrittore del mio tipo. Poi, però, la scrittura ha anche una importante fase che è quella dell'editing che non è fatto solo di correzione degli errori di battitura, ma soprattutto di uniformità di stile, di fluidità del testo e di congruità espressiva e narrativa. In questa fase è indispensabile far leggere il proprio scritto ad altre persone, a lettori diversi da te, e questo per rendere il tuo scritto adatto per essere letto da più persone possibile. Ma in assoluto è vero che quando scrivo penso ad un lettore del mio tipo.
Daniel Pennac qualche anno fa aveva lanciato una provocazione "La lettura è un atto di libertà che non può essere obbligatorio" e aveva provato (con il libro "Come un romanzo") ad enunciare i dieci diritti fondamentali del lettore, primo fra tutti, sorprendentemente "il diritto di non leggere". Secondo te la lettura non deve essere un dovere, ma un piacere? ...e come si può fare per renderla piacevole? Piacere e dovere sono termini per me quasi sempre antitetici. Se è spesso possibile trarre piacere dall'assolvimento di un dovere, ritengo personalmente impossibile e assurdo, oltreché una forma di violenza, far diventare il piacere un dovere. Quindi è ovvio che io dica che la lettura, ove non sia legata allo svolgimento di una specifica professione, non debba mai essere un dovere e non trovo nulla di male che una persona affermi che non legge libri. Leggere non è un valore assoluto: conosco delle ottime persone che stimo sinceramente e che non hanno mai letto nulla, e conosco viceversa degli esecrabili individui che sono lettori compulsivi e seriali. Parlo chiaramente di persone adulte, perchè per i ragazzi è diverso. La lettura fa parte della formazione umanistica di ogni individuo scolarizzato, anche se oggi è insegnata male a scuola. Rendere piacevole la lettura è semplice: leggete solo i libri che vi incuriosiscono e non sentitevi obbligati a terminare un libro. Tornando al discorso fra piacere e dovere, non c'è niente di più inutile che sforzarsi di terminare un libro che non ci interessa. Leggete solo le cose che vi interessano e che vi incuriosiscono. Questo credo sia un buon modo per rendere piacevole la lettura. La vita è troppo breve per perdere tempo a leggere cose che non ci intrigano nel profondo.
La lettura è un atto d'evasione? Si, sempre. Anche quando si legge un libro di denuncia politica e sociale si tratta sempre di evasione. Perchè la vera vita, la vera indignazione andrebbe sfogata nel vivere civile, nella cabina elettorale, nelle piazze, nell'associazionismo. Leggere, andare al cinema, guardare la televisione non può essere considerata altro che evasione. Certo, può essere un'evasione intelligente, che nutre il nostro animo di cittadini consapevoli, ma la vita è un'altra cosa. Leggere è un atto di evasione e come tale un atto di grande, personale, indispensabile libertà.
Scegliere i libri non sempre è facilissimo, la critica può essere d'aiuto? La critica oggi non esiste e forse non ha più senso. A parte quei pochi personaggi che sostengono di essere critici letterari e che anelano qualsiasi marchetta editoriale pur di mettersi in luce, oggi siamo nella civiltà dell'open source e i critici non esistono più. Non esistono più perchè un tempo il dibattito letterario era animato dagli stessi autori e artisti, mentre oggi è sorta una razza di orfani del potere di veto che vorrebbero additare al pubblico la rotta da seguire e che non sono scrittori né poeti. Il critico oggi te lo porti dalla tua parte con un'ospitata e una cena, non credo sia gente che serva ad alcunchè. Oggi chiunque può avere un pubblico scrivendo dovunque e a poco prezzo e l'offerta dei libri è diventata vastissima, e io non protesto per questo fatto come fanno i pseudo -critici odierni, anzi, per me è un arricchimento della società. I pseudo critici di oggi invece sono imbufaliti perchè nessuno li ascolta, e nessuno lo fa perchè sono gente fuori dalla realtà: sono contro i telefonini, contro internet, contro tutto quello che oggi sta sconvolgendo il mondo della comunicazione. Sono persone non artisti e quindi non hanno gli strumenti per leggere la realtà nella quale sono immersi. Ascoltare i consigli dei critici vuol dire solo leggere i libri delle case editrici che pagano loro camere d'albergo e cene in pizzeria, o non leggere mai i libri di chi non lo fa. Ma torniamo alla domanda. Secondo me una buona maniera di scoprire i libri è quella di scambiarsi delle impressioni sulle cose che si è letto. E' un metodo che arricchisce l'atto della lettura di una valenza socializzante. Un altro metodo che io seguo è quello di tenermi informato sulle uscite editoriali leggendo le interviste con gli autori e le schede di presentazione delle nuove uscite sulle riviste culturali. Credo, senza piaggeria, che il ruolo svolto dalle associazioni e dai circoli dei lettori sia basilare per il diffondere informazione culturale attraverso il dibattito. Mi capita di scoprire ottimi libri nei blog di lettori.
Ritieni giusto lasciare un libro a metà? Fondamentale. Io non ho tempo da perdere, devo riempire la mia vita di cose interessanti. Se a metà il libro ancora non mi ha incuriosito, passo ad altro. Ho tanti libri da leggere sul comodino...
Per concludere, lo scrittore Gianluca Floris riesce ancora a meravigliarsi, ad emozionarsi quando legge ? Certo, credo che sia una capacità che fa parte del mio essere profondo. L'ultima scoperta è stata IMPERIUM di Ryszard Kapuscinsky. Meraviglioso ed emozionante.
Lo scrittore lettore Gianluca Floris che libri consiglia agli amici tramatzesi ? Consiglio "L'occhio di Giada", l'ultimo romanzo di Diane Wei Liang, editore Sperling & Kupfer: una scrittrice cinese che vive in occidente a Londra e che con questo romanzo descrive dal di dentro la Cina dei nostri giorni e gli incubi del recente passato, le macerie umane lasciate dalla rivoluzione Culturale e da tutto quel periodo di violenza e delazione. So che a molti l'oriente non affascina, ma credo che sia da lì che tirerà il vento in questo secolo e quindi acquisire conoscenze su questo pianeta altro, rispetto al nostro ormai asfittico occidente, sarà sempre più importante. Wei Liang scrive bene e ancor meglio riesce a descrivere dall'interno, con pennellate minime, le mutazioni della Cina Popolare odierna. Speciale la descrizione "umanista" della nuova categoria degli inurbati nella grande città che provengono dalle province più sperdute ed arretrate. La storia è avvincente e le figure che si alternano in primo piano sono riuscite e drammaticamente simboliche.
Grazie Gianluca, mi raccomando quando puoi passa a trovarci. Grazie a voi, non mancherò, Gonnostramatza è un bel paese accogliente, rilassante e si mangia e si beve da Dio, a presto.
Di IlCarbonaro (del 07/11/2009 @ 14:05:48, in Eventi, linkato 1503 volte)
Si è svolta anche questo 4 novembre, in paese, la commemorazione dei caduti in guerra. Un appuntamento a cui Gonnostramatza partecipa ricordando gli uomini che persero la vita nelle più grandi catastrofi belliche che l’umanità ha vissuto. Il tempo scorre, anno dopo anno, e separa dal presente quegli eventi che segnarono il vivere di uomini e donne che invecchiano, portandosi dentro un’esperienza solo in minima parte trasmissibile. Il quattro novembre a Gonnostramatza c’erano i reduci dell’ultima Grande Guerra, lo sguardo fisso nel vuoto a rivedere i giorni del conflitto, a ripensare alle vicende in cui la paura e l’inconsapevolezza si mischiavano, come ha raccontato qualche giorno fa’ tziu Ciccino Cocco, all’epoca di stanza a pochi chilometri da Monte Cassino. Gli occhi azzurri hanno guardato a quei giorni con lo stupore di chi si accorge, ancora una volta, che dentro a quel caos di bombe e spari neppure una scheggia riuscì a ferirlo. C’era tziu Rizieri Locci, che solo qualche giorno prima mi raccontava la sua corsa verso il Sud in compagnia di un gruppo di partigiani, inseguito dai tedeschi: mi ha mostrato, appoggiando il bastone e piegandosi come un ragazzino, il segno di una “scuppettada” che gli arrivò dritta dritta alla gamba. C’erano altri reduci, c’era il Sindaco in fascia tricolore, e c’era la gente: poca. Mancavano i bambini delle scuole elementari, per scelta della dirigenza scolastica. Mancava quest’anno, non certo per volontà sua, tziu Remigio Abis, a causa di qualche problema di salute. C’erano i parenti di quel Renzo Atzei che cadde offrendo la vita in retroguardia per salvare quella dei suoi compagni. Dopo la deposizione della corona di alloro e dopo il discorso del Sindaco, in cui si è ricordato che, quello attuale, è il più lungo periodo di pace vissuto dal nostro Paese, si è fatta lettura di tutti i caduti di Gonnostramatza. Si è fatto ricordo di chi non ce l’ha fatta, di chi ha ceduto il passo alla vita perché altri, nel gioco perverso delle parti, sopravvivessero. Qualcuno certamente avrà pensato con nostalgia ai suoi morti, forse per la seconda volta, data la vicinanza della festività del 2 novembre e il viavai dei compaesani nei pressi del Camposanto. A distanza di 64 anni dalla fine dell’ultimo conflitto, ancora una volta si è ripensato alla tragicità delle scelte umane, alla fortuna di chi sopravvisse e al dolore di chi non ce la fece. Ogni anno, nonostante una partecipazione sempre più esigua, si commemora; non già per guardare ai giorni tristi del passato, ma per inviare un messaggio agli uomini del futuro, ai nostri figli, ricordando loro che non c’è trionfo in guerra, non c’è splendore, non c’è alcuna gloria. Anche se il tempo, inesorabilmente, ci sottrae piano al dolore delle ferite.
Di MisterBlog (del 13/11/2009 @ 14:25:26, in Eventi, linkato 1322 volte)
Cari lettori, Vi segnaliamo che Sabato 14 Novembre 2009 a partire dalle ore 17:00 presso la Piazza San Michele in Gonnostramatza, il Comitato di Sant'Antonio 2009 presenta la I° Edizione "Magasinu Abettu".
Il programma prevede:
A partire dalle ore 17:00 (Piazza San Michele-Gonnostramatza):
Degustazione dei vini novelli locali
Distribuzione Caldarroste e Servizio Pizzeria
La serata sarà allietata da Musica e Karaoke.........
Ciascuno di noi è figlio di un luogo, o se preferite di un “loco”, per dirlo in maniera dotta. Le Pro Loco sono associazioni nate intorno al 1881 a Pieve Tesino, in Trentino-Alto Adige. Originariamente pare che si chiamassero Comitati di cura, o Società di abbellimento, e questo già è indicativo dell'azione cui furono dirette fin dalla loro prima comparsa in Italia. Alcuni studi attribuiscono loro un'origine strettamente legata alle Badìe, gli antichi gruppi a cui le comunità demandavano in passato la gestione delle festività collettive. Come molte località italiane, anche il nostro paese, dal 1997, vanta la presenza attiva di una Pro Loco. Per la precisione, l'organizzazione di Gonnostramatza nacque ufficialmente il 3 dicembre di quasi dodici anni fa', quando ad Oristano fu registrata dal notaio dott. Pietro Angozzi. A dire il vero, precedentemente in “bidda” fu tutto un muoversi di idee, contatti, discussioni su come dar vita anche da noi ad un'associazione che potesse occuparsi della valorizzazione del posto. I soci fondatori si riunirono più volte per formulare un progetto. Fra i primi pensatori circa la possibilità di organizzare un’associazione per il territorio in paese vi fu’, ad esempio, Vincenzo Puddu, grazie al quale siamo riusciti a reperire diversi documenti che attestano non solo i nomi e il numero dei primi aderenti, ma anche il contributo specifico che ciascuno di essi apportò soprattutto in termini di impegno. “Ricordo ancora bene i giorni in cui si lavorò per mettere in piedi la Pro Loco a Gonnostramatza” ha affermato, “c’era un’entusiasmo e una voglia di fare” che, a suo dire, frantumarono le incertezze iniziali di chi, come spesso accade, si fa attraversare dallo scetticismo in un centro piccolo come il nostro. Gli aderenti furono, per la precisione e secondo la documentazione fornitaci, 172. La registrazione dal notaio e la consecutiva approvazione dello statuto resero possibile stabilire gli incarichi e le responsabilità: Albino Musa, tristemente scomparso qualche anno fa', fu il primo presidente di quella che fu denominata “Associazione Turistica Pro Loco Gonnostramatza”. Fu eletto con la carica di vice presidente Antonio Scano, segretario fu invece Guido Casti, cassiere Federico Sebis. Del gruppo costituito dai soci fondatori facevano parte anche Mondino Uras, Stefania Abis e Luigi La Rosa. La quota d'iscrizione fissata per quell'anno era di 10.000 lire per i soci che avessero raggiunto la maggiore età e di 5.000 per i minorenni. L'11 di giugno del 1998 la Regione Autonoma della Sardegna scriveva ai responsabili dell'associazione comunicando la avvenuta iscrizione all'albo regionale. A leggere le carte e i documenti che un gentile collaboratore ci ha permesso di consultare, molte delle idee prima studiate su quei fogli e poi realizzate in concreto tornano vividamente alla memoria di chi le ha vissute. Colpisce l'assiduità e la serietà di intenti che permea dagli schemi elaborati per lo studio del territorio e del tessuto sociale gonnostramatzese, quasi si trattasse di una perizia scientifica, chiaro indice di un entusiasmo iniziale che, come ovunque e fisiologicamente, lascia spazio alla esperienza più pragmatica delle tappe successive. Una delle prime iniziative organizzate dalla Pro Loco è datata 1998; il titolo è Concorso Presepi “La via stellata”. Si trattava di un concorso a premi finalizzato alla costruzione di presepi di ogni tipo ed ogni dimensione. Molti rammenteranno che quell'evento fu molto partecipato e trascinò con sé l'entusiasmo di giovani e meno giovani.
Io ricordo, in particolare, il lavoro di Assunta Concu, purtroppo oramai scomparsa, e rivedo con precisione il suo presepe costruito con la pasta; avete capito bene, esattamente con la pasta, quella che abitualmente utilizziamo per cucinare! Ne aveva usato almeno 10 tipologie differenti, costruendo con minuzia paesaggi, capanna, Magi, pastori e Sacra Famiglia. Ma molti altri furono i lavori presentati: presepi costruiti con l'argilla o con il legno, altri addirittura ottenuti dal riciclo delle bottiglie di plastica.
Negli anni successivi la Pro Loco si è impegnata nell'organizzazione di molti altri eventi, dai concerti di canti natalizi alla festa del primo maggio, che attualmente è divenuta appuntamento fisso per gli abitanti del paese. Puntualmente, dalla mattina al pomeriggio la piazza si riempie delle esposizioni più varie degli artigiani, dalla lavorazione della ceramica a quella del legno e della pietra, per passare attraverso la pittura di quadri o la fabbricazione artigianale di ciondoli e suppellettili. Ed ovviamente la serata si conclude con lo spettacolo di gruppi musicali o cabarettistici. Si ricordano gli spettacoli di Cristian Cocco,Cossu & Zara, il celebre Ziu Pibioni, o Nicola Cancedda e della esilarante commedia portata in scena dalla Compagnia Mogorese “Tragodia”.
Dodici anni di lavoro, insomma, attraversati, probabilmente e come sempre accade, da alti e bassi, ma certo sufficientemente intensi da poter dire che la nostra “bidda”, infondo, non è mai completamente assopita.
Attualmente, fanno parte della Associazione Turistica Pro Loco Gonnostramatza:
Francesca Puddu (Presidente), Paola Frau (Vice Presidente), Sabrina Spiga (Segretario), Luigi La Rosa (Cassiere) .
Cari lettori, alcuni non si saranno di certo accorti, altri, soprattutto i Tramatzesi lontani assidui fruitori delle ISTANTANEE, avranno sicuramente sentito la mancanza. La promessa di farvi vivere "quasi" in diretta gli umori, gli eventi e le sensazioni dovute al cambiamento climatico, attraverso i miei filmati e il mio 3° occhio, ahime' è stata condizionata da eventi esterni e non di poco rilievo. Ma sono tornato.. e anche se non recuperero' tutto in un sol colpo.. eccomi quà' !!! Il nostro viaggio ci porterà indietro col tempo, più precisamente al mese di Giugno o Lampadas. In paese come nel resto del mondo, questo è il periodo di "raccolta", per la scuola così come per l'Agricoltura. I ragazzi a fine anno scolastico sapranno se il loro lavoro ha dato buoni frutti ed il contadino dal canto suo tra non molto mietera' il Grano . Ma e' anche tempo di preservare le vigne dalle malattie, c'e' ancora qualche pecora da tosare e lana da raccogliere. Intanto arriva la pioggia ........... e con questo Vi Auguro una Buona Visione!!
Amici tramatzesi ovunque siate, ovunque andiate, ricordatevi di portare sempre con voi il nome di “Gonnostramatza” e siatene fieri, con chiunque, sempre e comunque…
Ciao a tutti, mi chiamo Danilo Porcu, classe ’79, e mi trovo in missione in Afghanistan, e più precisamente a Herat, con il 5° Reggimento Genio Guastatori di Macomer. Quando il mio delicato lavoro me lo permette, mi collego su internet per seguirvi tra le pagine di questo blog e grazie alle bellissime foto e agli emozionanti filmati dell’amico Il Bottigliaro, il paese è molto più vicino....
Grazie di cuore per tutto quello che fate per noi tramatzesi “lontani”....
Un virtuale abbraccio a "sa bidda" e a tutti i tramatzesi e non...
ISTANTANEE TRAMATZESIARJOBAS - LUGLIO Su Mes'e Argiolas
Dopo la lunga ed elaborata "semina" di ottobre e novembre arriva finalmente LUGLIO, il mese della mietitura . Il campo di grano è un manto uniforme, non c'è un papavero o un fiordaliso a rompere la tessitura delle spighe. Il cuore del contadino tramatzeseè gonfio di gioia, ma un'ansia oscura mina la sua contentezza, scruta il cielo per paura di veder apparire minacciose nuvole, teme che il suo raccolto vada in malora a causa di un improvvisa grandinata estiva.
Le spighe sono oramai mature e dorate al punto giusto. Un vecchio metodo per controllare la maturazione consisteva nello schiacciare i semi con i denti, quando erano duri si poteva procedere al raccolto. Altri tempi quando questi lavori si svolgevano senza l'aiuto di macchinari. Alcune anziane di Gonnostramatza ci raccontano di quanto fosse faticosa e dura la mietitura, ma anche di quanto non se ne potesse fare a meno. Si iniziava a mietere verso i primi giorni di luglio e si terminava verso la fine del mese, a secondo della grandezza del terreno.
I mietitori erano infaticabili lavoratori, le donne che li seguivano non sempre riuscivano a competere specialmente quando il sole altissimo bruciava e il sudore grondava dalla fronte, bagnava le camicie e non c'era neppure il tempo per andare a bere. Quando le forze non erano ancora esaurite, qualcuno spensieratamente osava cantare per ingannare il tempo. A volte inventava le rime per le varie circostanze o richiamava i luoghi dove si trovavano.
Si mieteva faticosamente con la falce, poi si trasportava il tutto nelle aie dove si sminuzzava e pestava il raccolto con una grossa pietra trascinata dai buoi per poi raccogliere il tutto in un grande cumulo. Successivamente iniziava la spagliatura pentuai e ovviamente per questa fase si doveva aspettare il vento giusto. Il grano separato dalla paglia si trasportava a casa dove veniva ulteriormente ripulito da pietruzze e residui vari, "sa cerridura". Con l'arrivo a Gonnostramatza delle prime trebbie tutto ciò venne ben presto accantonato. I contadini continuarono a mietere con le falci, le donne continuarono a spigolare, ma il tutto veniva ormai dato in pasto alle macchine che restituivano il grano bello ripulito: dividendo quello già spagliato da una parte e la paglia triturata dall'altra.
Questo fino alla metà degli anni 70, perché proprio in quegli anni anche in paese incominciarono ad arrivare le prime mietitrebbie e da quel momento in poi le falci, le pale, i forconi e i rastrelli verranno appesi ai muri e diventeranno solo un ricordo di altri tempi, così come i poveri buoi verranno macellati per le carni e molto presto spariranno del tutto dal paese. Oggi con le mietitrebbie tutto diventa più facile e meno faticoso, ma la festa del raccolto ha perso tutto il suo magico fascino vissuto con grandi sacrifici dai nostri genitori. Qualcuno di questi anziani conserva ancora quel ricordo e qualche logoro attrezzo oramai obsoleto e mentre declama un vecchio detto tramatzese posso leggere nei suoi occhi un poco di nostalgia: "SU SOBI DE ARJOBAS E SU BENTU DE AUSTU EST MELLUS DE TOTTU CUSTU".
Le anziane contadine tramatzesi invece continuano a scavare nella memoria ricordando con lucidità: di quando si andava la mattina prestissimo a spigolare, di quando si macinava il grano con la tipica macina sarda e l'asinello, di quando si preparavano la farina, la crusca e la semola, fino ad arrivare alla dura preparazione del pane. Questa grande fatica veniva addolcita e resa piacevole dalla grande soddisfazione di avere un buon pane fatto con le proprie mani. Grazie a queste sapienti mani che hanno saputo apprendere e trasmettere quest'arte ancor oggi noi e i bambini delle scuole possiamo assistere alle fasi di questa importante lavorazione, capendo con quanto amore, con quanta fatica e con quanti sacrifici le nostre nonne e le nostre mamme affrontavano la vita di tutti i giorni.